L’Open Government Partnership (OGP) è una piattaforma internazionale nella quale i governi di tutto il mondo sono chiamati a proporre e realizzare azioni di governo aperto, per favorire una maggiore trasparenza delle istituzioni e una più facile partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica (info sul sito ufficiale). L’Italia partecipa dal 2012 con “piani di azione” biennali, grazie ai quali si impegna a costruire progetti e percorsi partecipativi. Il 31 agosto 2016 scade la fase di consultazione pubblica del terzo piano d’azione (2016-2017). L’associazione Ondata ha partecipato ad alcune fasi di questa consultazione e sono emersi vari elementi tanto positivi quanto negativi, che in questo post vorremmo porre all’attenzione degli addetti ai lavori.
Autori: alla scrittura di questo testo hanno partecipato: Ilaria Vitellio, Vincenzo Patruno, Patrizia Saggini e Andrea Nelson Mauro di Ondata, insieme a Matteo Brunati di Spaghetti OpenData. Si ringraziano per la revisione Davide Taibi, Lorenzo Perone e Nicola Bruno
Crediti: Illustrazione di copertina: “La protesta ai tempi del web: ribellarsi è giusto (imho)”. Di Massimo Gentile, mediumitalic.com
- Com’è andata fin qui?
Innanzitutto il pregresso: stando a IRM (meccanismo indipendente di valutazione) che ha redatto due report (disponibili a questo indirizzo http://open.gov.it/i-report/) su quanto fatto finora, il piano 2012-2013 ha avuto un livello di completamento di soli 3 punti su 16, mentre il successivo (2014-2015) ha fatto peggio con un livello di completamento di 1 punto su 6. Dal 2011 (anno in cui se n’è cominciato a discutere) ad oggi in Italia sono cambiati 4 governi (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) e tre presidenti dell’Agenzia per l’Italia Digitale – AGID (Ragosa, Poggiani, Samaritani).
- Il terzo piano di azione 2016-2018
I progetti in cantiere sono presentati sul sito Open.Gov.it. Per comodità di lettura li abbiamo estratti (scraping) e messi in questa tabella. I titoli e le descrizioni di dettaglio sono spesso interessanti, a volte riferiti a provvedimenti approvati (come la legge sul FOIA), a volte a progetti esistenti per i quali viene proposto un miglioramento (ad esempio OpenCoesione Plus, il cui futuro è spiegato qui dai responsabili del progetto), a volte su progetti nuovi dal grande potenziale (nuovi portali con dati aperti e iniziative per favorire partecipazione, empowerment e formazioni dei cittadini). Sappiamo che l’Action Plan è un piano nazionale volto a individuare una strategia di open governament per il paese, dichiarare obiettivi generali e articolare azioni per raggiungerli. Il campo di intervento è dunque nazionale, ma coinvolge tutta la filiera delle istituzioni fino alla dimensione locale. Ad esempio il National Action Plan dell United Kingdom (NAP del Maggio 2016) articola 13 azioni, tutte coerenti con una strategia nazionale dell’open government concentrando le attività nello sviluppo di standard comuni di dati, di piattaforme nazionali, di hub, di registri pubblici, etc. L’attuale Action Plan Italiano, in fase di consultazione, prevede 32 azioni (contro le 6 del piano precedente), alcune a dimensione nazionale e a carattere strutturale e innovativo, altre a dimensione locale e/o come singoli progetti.
Nel complesso emerge un Action Plan che, se pur ambizioso, si presenta carente di una visione prospettica, con alcune azioni che appaiono più essere a carattere dimostrativo piuttosto che coerenti ad una strategia complessiva per il paese.
Alcune di queste azioni, come suggeriamo successivamente per quelle a dimensione locale, andrebbero o riarticolate come parti di una strategia nazionale o diventare esse stesse azioni da attuare a livello nazionale.
Tutto molto interessante, per carità. Questo governo Renzi in due anni ha mostrato che crede nel digitale portando avanti progetti e iniziative che adesso sembrano avere una chiara importanza strategica, mentre con i precedenti governi sembravano avanzare o per inerzia o nei rivoli di altri macroprovvedimenti, ma senza essere integrati in una progettazione specifica. Ci sono però degli elementi che a nostro giudizio andrebbero chiariti:
- Com’è stato costruito il terzo Action Plan? Partecipazione vera o soltanto di testimonianza?
Ogni Paese aderente a OGP ha delle tappe e delle tempistiche che sono state predeterminate. Le tempistiche per l’Italia prevedevano ben sei mesi di co-progettazione nella stesura dell’Action Plan 2016-2018. In realtà le cose sono andate diversamente. L’amministrazione centrale ha tenuto il primo incontro attorno al 25 maggio, mentre la società civile è stata convocata al Dipartimento della Funzione Pubblica il 6 giugno, con una scaletta serrata per la stesura delle proposte che saranno poi le idee da cui il governo è partito per la compilazione del piano da inviare entro il 30 giugno. I tempi dichiarati il 6 giugno sono stati rispettati, ma ovviamente le difficoltà nel creare quella base di conoscenza comune necessaria a non disperdere idee e stimoli hanno minato la qualità e il merito delle proposte arrivate dalla società civile. Specie ricordandosi che il processo di partecipazione è consultivo, il rischio di disperdere capitale sociale per una mancata chiarezza tra le parti è sempre alto. La sfida alla partecipazione oggi dovrebbe rispondere a un diverso modello di costruzione delle politiche che mobilita la società civile non in quanto semplicemente destinataria delle politiche, ma in quanto protagonista attiva nella loro definizione, realizzazione, monitoraggio e implementazione. La sfida iniziata con la stesura dell’Action Plan 2016-18 è un compromesso non ottimale nella gestione della partecipazione, è stata realizzata in brevissimo tempo (40 giorni invece che 6 mesi, come previsto dalla roadmap ufficiale, senza poter lavorare in maniera adeguata con tutte le parti coinvolte.
Per un lettore e un cittadino non consapevoli della dinamica messa in atto, è importante conoscere questa condizione preliminare: una condivisione necessaria a creare quella fiducia tra le parti che spesso è stata messa in discussione.
- Quali sono i fondi per finanziare il terzo piano OGP?
Siamo in una fase ancora preliminare, il che spiega forse la mancanza di informazioni sul tema. Ma da quanto ci risulta, non è stato in nessuna sede ancora specificato come questi progetti verranno finanziati. Una strada che parrebbe percorribile (ma ancora tutta da verificare) potrebbe portare l’AGID a diventare il braccio operativo del Governo nell’attuazione del programma, tentando di finanziare le azioni previste attraverso l’assegnazione di fondi dal PON Governance (oltre 800 Milioni di euro). Recentemente sono stati poi assegnati dei fondi (qualche centinaio di milioni di euro) al PON Governance (info qui). Le iniziative verranno finanziate così?
- Trasparenza sui fondi per finanziare OGP
Se fossero questi i fondi, o anche se fossero altri, ci aspetteremmo che venisse reso trasparente il loro utilizzo, per esempio rilasciandone le informazioni in formato open e con aggiornamenti tempestivi. Come verranno assegnati? Per fare cosa? A chi? Ci vorrebbe un Open OGP! Verrà fatto?
- Come verrà misurata la realizzazione del piano e la sua efficacia?
Dirlo ora è forse prematuro? Probabilmente no: per evitare che il terzo piano d’azione OGP faccia flop come i due precedenti, sarebbe forse il caso di predisporre un modello di monitoraggio costante delle azioni, misurare lo stato di avanzamento con criteri chiari, la spesa sostenuta, costruire degli indicatori di performance (quanti partecipanti alla singola azione? quanti download per i singoli dati? quanti utenti per le singole piattaforme?). Per il momento sul sito Open.gov.it esiste una pagina “Monitora” attualmente vuota.
- Azioni sulle singole città. Perché Roma, Milano, Bologna, Lecce? Non sarebbe meglio una Azione complessiva per le città a partire da quelle metropolitane e che contenga anche un “Piano OpenData” nazionale?
L’Action Plan è un piano nazionale volto a individuare una strategia di open government per i Paese articolando azioni specifiche ma con una visione strategica nazionale. Quelle contenute nell’attuale Action Plan, relative alle singole città, appaiono assecondare una visione a macchia di leopardo, carente di coordinamento, strategia e visione di insieme a livello nazionale. Inoltre tale approccio non chiarisce come sono stati scelti i progetti. Con quali criteri? Perché non sono state, ad esempio, coinvolte le 14 città metropolitane, cui sono destinati i fondi di PON Metro? Altre città possono eventualmente aderire? Il potenziale di azioni locali è quello di testare direzioni di sviluppo per economie di scala su una copertura geografica ben precisa, partendo dal basso, ma ancorandosi ad una strategia comune di crescita per il sistema paese. Ad esempio, parlando di Open Data – ma la logica vale anche per ciò che riguarda partecipazione, accountability, cittadinanza digitale e innovazione – è chiaro che il valore potenziale (anche commerciale) di un’azione che coinvolge tutti i capoluoghi di provincia è ben diverso da una serie di dati aperti a macchia di leopardo in giro per l’Italia. Le aziende non vedrebbero valore in quella fonte di dati, frutto di aperture totalmente casuali, e senza garanzie di mantenimento e aggiornamento. Perchè non scegliere almeno una scala ben precisa per le azioni locali e testare l’economia di scala su pochi ma ben individuati temi, come era stato proposto dalla società civile nella fase iniziale? In tal senso sarebbe opportuno elaborare un’azione complessiva e trasversale ai temi per le città, a partire da quelle metropolitane, in cui ogni città può, nei prossimi due anni, riconoscersi declinando localmente l’azione attraverso singoli progetti. Questi progetti quindi andrebbero ad arricchire una strategia complessiva e coordinata per le città, più che essere avviati in maniera disconnessa l’uno dall’altro. Infine, si segnala, che tra le città non compare Messina unica città italiana che in questo momento è partner di OpenGovernmentPartnership.